Premio Graziadei Edizione VI → Progetti selezionati

Con il progetto The Y – Research of biological father, Alba Zari vince la Sesta edizione del Premio Graziadei per la fotografia. E’ stata scelta da una giuria formata da Thomas Seelig (Direttore del Photomuseum di Winterthur), Marco Delogu (Fotografo, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra), Francesco Neri (Fotografo, vincitore della I Edizione del Premio Graziadei) e Andrea Botto (Fotografo, vincitore della I Edizione del Premio Graziadei) e Francesco Graziadei (avvocato, partner di Graziadei Studio Legale, promotore del Premio).

 

Alba Zari è stata scelta fra 138 candidature di fotografi italiani under 35, tutte di elevata qualità, tanto da richiedere un lungo e complesso lavoro di valutazione da parte della giuria, nonché la decisione di prevedere cinque menzioni d’onore (un numero più elevato che nella passate edizioni): Giaime Meloni, Stefano Bazzano, Carloalberto Treccani, Giorgio Di Noto, Mohamed Keita. Secondo le regole del Premio Graziadei, Alba Zari avrà un anno di tempo per realizzare un progetto totalmente nuovo. E’ in cantiere difatti il nuovo progetto di Alessandro Calabrese, vincitore della V edizione del Premio.

 

The Y – Research of biological father è un progetto che parte da una vicenda personale dell’artista (nata a Bangkok da madre italiana, poi laureata al DAMS a Bologna in Critica Cinematografica e specializzata in Visual Design alla NABA a Milano e in Documentary Photography all’International Center of Photography a New York). Alba non ha mai conosciuto il padre biologico. Questa assenza ha stimolato la sua ricerca e motivato il suo lavoro da un certo punto in poi della sua carriera. Dopo aver scoperto dalla madre che il padre naturale era probabilmente Iraniano o Iracheno, Alba ha svolto un primo lavoro fotografico recandosi in Iran ed ha catturato alcune intense immagini del deserto iraniano, sottolineando la sua appartenenza (la gente le parlava naturalmente in Pharsi, a riprova dei suoi caratteri somatici in sintonia con il luogo) e al tempo stesso la sua solitudine di fronte a un passato che non riusciva a conoscere. Ma non si è fermata qui. Ha iniziato un articolato progetto fotografico (dove il mezzo, i linguaggi, i concetti, si mischiano e si fondono, dando origine a un lavoro complesso e già maturo, considerando l’età anagrafica) volto a ricostruire tutto ciò che in lei era attribuibile al cromosoma Y. Attraverso un processo di sottrazione di ciò che era noto, con l’ausilio delle tecniche e dell’analisi della fisionomia, ha tentato di riscostruire ciò che era invece ignoto: l’apporto paterno. Poco alla volta, da questo processo, intenso e al tempo stesso rischioso, è emersa un’ipotesi verosimile della sua figura paterna.

 

Quanto agli altri fotografi (le cinque menzioni speciali) il confronto con le nuove tecnologie, e i nuovi linguaggi che queste generano, è presente sia nel lavoro di Carloalberto Treccani (con immagini che propongono l’estetica dello sguardo dei software per il riconoscimento facciale) sia – e da tempo – in quello di Giorgio Di Noto, che propone una sofisticata riflessione sull’istintivo gradimento di alcune immagini (tratte da internet) e il razionale rigetto quando si scopre che provengono dal mondo del terrorismo islamico che popola il “dark web”. I processi e i percorsi utilizzati per la realizzazione delle immagini sono un ulteriore stimolo nel lavoro di Di Noto. Stefano Bazzano prova poi a giocare allo slittamento di significato tra immagini appartenenti alle storie comuni individuali e la loro trasformazione che, giocando sul displacement dell’immagine, anche attraverso l’aggiunta di una simbologia e di un determinato lessico, li proiettano nel mondo della comunicazione contemporanea. Giaime Meloni, con un percorso maggiormente riconducibile alla fotografia tradizionale, riflette sulla sensazione di familiarità (o sull’istintiva ricerca di riferimenti a ciò che è già noto) che spesso genera (quasi per difesa o per bisogno di certezze) la visione di luoghi che in realtà non si sono mai visti e nei quali quasi ci si perde. Infine, Mohamed Keita (ivoriano di nascita, italiano di adozione) con la sua instancabile e quotidiana pratica di osservazione (vive con la macchina fotografica costantemente a tracolla) coglie ciò che è ai margini della capitale, dove vive, restituendo potenza e centralità ad una parte di vita che non si integra nel fluire veloce della metropoli.

PREMIO GRAZIADEI 2017

Vincitore:

Alba Zari

Menzione speciale:

Stefano Bazzano
Giorgio Di Noto
Giaime Meloni
Carloalberto Treccani
Mohamed Keita

Nuovo progetto:

Alessandro Calabrese

Giuria:

Andrea Botto
Marco Delogu
Francesco Graziadei
Francesco Neri
Thomas Seelig